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Tra studiosi e esperti c'è largo consenso sul fatto che la politica in Italia è meno efficiente e più corrotta che nella maggior parte dei paesi europei. I più incolpano di ciò i politici e le loro scelte autoreferenziali. Il presente lavoro sposta l'attenzione a un livello più basilare di inadeguatezza, e sostiene che la suddetta situazione dipende dalle regole istituzionali che guidano i comportamenti degli attori che agiscono nel sistema rappresentativo e nell'amministrazione dello stato. Con tale premessa l'origine dei problemi è individuata nella cruciale rinuncia dell'assemblea costituente a fissare un definito assetto dei rapporti di potere entro lo stato, lasciando tale compito alla futura azione dei partiti. Da ciò consegue che le scelte dei governi non esprimono l'interesse generale ma interessi di parte. In questo senso la nostra costituzione è divenuta suo malgrado l'istituzione generatrice dell'attuale disordine nella società, nello stato e nei conti pubblici.